Vi è mai capitato di sentirvi attratti verso qualcosa ma di non sapergli dare un nome? "The Spanish Butterfly" è appunto questo, quella sensazione di libertà interiore che ti porta a voler cambiare, a rischiare di finire in un posto "altro" per cercare di non rimanere imbottigliati nella forma presente.
Un continuo confronto con la propria essenza espresso attraverso la metafora del bruco che diventa farfalla.
Una volta mi è stato detto che questo pezzo era "didascalico", nel senso che nella sua semplicità sembrava indicare in modo quasi ridondante l'oggetto a cui mi riferivo. Ma in realtà il mio modo di fare danza è un linguaggio espressivo che parla attraverso delle immagini e io, a quel tempo, non seppi difendermi da una serie di critiche che inevitabilmente ho incontrato sul mio cammino.
Eppure, anche dopo tanti anni, questo tema mi emoziona, come emoziona i bambini quando riescono a riempirsi di meraviglia e come emoziona chi non vuole barattare l'anima con la razionalità e l'evidenza intellettuale. Incontrai un coreografo a Berlino che seppe vedere in me un talento nell'improvvisazione e anche un modo d'essere non legato a schemi preconfezionati. Mi disse: "Io non sono un coreografo commerciale." E da qual momento mi si aprì un mondo... Era proprio quello il problema di quel che vivevo. Tutto, anche la danza, era usato a scopo commerciale; doveva per così dire "mutilarsi" per incontrare il favore del mercato.
Là forse ho iniziato a capire che anch'io non danzavo per avere successo, ma danzavo perché questo dava senso alla mia vita e nutriva la mia anima. A distanza di anni ho capito anche che la vita è ciclica, e quindi non è più come credevo una volta che, dopo la fase "bruco", avrei vissuto una fase più leggera, quella appunto di "farfalla". Credo che queste due fasi nella mia vita vadano un po' rincorrendosi ed è solo così che posso mantenere intatta la mia libertà.